Pyno&dyno ha scritto:Secondo me, essendo ancora considerato come parte di arma(il caricatore), si potrebbe figurare il reato di alterazione di arma e poi addio porto d'armi
Esattamente. Il caricatore è indicato nel catalogo, il numero di cartucce che deve contenere deve essere quello massimo indicato nel catalogo. Questo annuncio l'ho segnalato anche io tempo fa su altro forum, e ho segnalato anche la cosa al gestore di armiusate.it.
Il reato che si configura è proprio quello di alterazione d'arma, in quanto stai aumentando il potere offensivo dell'arma...
Sulla stupidaggine di queste cose, poi, possiamo parlare all'infinito, ma finchè c'è il CNA purtroppo siamo costretti a seguirlo...

Ecco cosa dice Mori:
Detenzione ed uso di caricatore maggiorato rispetto a quello catalogato
Succede alquanto di frequente che qualcuno si ritrovi a detenere caricatori che non corrispondono per numeri di colpi a quello indicato nel provvedimento di catalogazione (caricatori “maggiorati”). È superfluo dire che la detenzione di caricatori “minorati” è sempre lecita.
Si pone il problema delle conseguenze a cui può andare incontro chi detiene questi caricatori.
Le ipotesi possibili sono:
1) Arma sicuramente non militare il cui caricatore di serie è indicato contenere un dato numero di colpi.
2) Arma già militare, ma ormai declassata ad arma comune il cui caricatore di serie è indicato contenere un dato numero di colpi.
3) Arma militare in versione civile che la Commissione ha catalogato imponendo una limitazione al numero di colpi rispetto al caricatore originale.
Le ipotesi 1) e 2) vanno raggruppate poiché è evidente che non ha nessuna importanza se un’arma prima di essere classificata come comune era o meno militare in passato.
Quindi ci si deve chiedere, tanto per fare un esempio: che cosa mi succede se per la mia carabina cal. 22 sportiva compero un caricatore da 20 colpi invece del caricatore da 10 previsto all’origine? Vi è un reato e una sanzione?
La prima risposta che viene in mente è che vi sia una alterazione dell’arma. Ma occorre quantomeno fare delle distinzioni. Se compero il caricatore e lo tengo in un cassetto o in tasca senza inserirlo nella carabina sicuramente non altero l’arma. Ma anche se lo inserisco, la condotta non rientra sicuramente nella previsione dell’art. 3 L. 110/1975, secondo la volontà del legislatore il quale ha regolato esclusivamente le alterazioni meccaniche o dimensionali, vale a dire operazioni che necessariamente presuppongono interventi meccanici con saldature, tagli, lavorazioni di parti, ecc. Di certo non basta il fatto di applicare un accessorio ad un’arma o di infilare qualche cosa di diverso dal previsto nell’alloggiamento del caricatore.
Ed infatti la legge punisce esclusivamente chi abbia fatto delle alterazioni materiali all’arma, non colui che la detenga o la usi; e sicuramente chi usa l’arma con un caricatore maggiorato, non commette alcuna alterazione, attribuibile semmai, in ipotesi assurda, a chi ha costruito tale caricatore. Si configurerebbe inoltre una situazione giuridica ridicola e incostituzionale se si ritenne possibile distinguere la responsabilità di chi detiene il caricatore in un cassetto e di chi osa invece infilarlo nella parte posteriore di un’arma. Non si può affatto presumere che chi detiene il caricatore lo abbia anche maggiorato (Cassazione - Sez. VI, 24/6/04-7/10/04, n. 39231).
Devo però avvertire che la Cassazione sul punto ha seguito strade proprie imperscrutabili, in base alle quali vi è effettivamente il pericolo che ritenga sussistere l’alterazione di arma.
Tolto così di mezzo il problema della alterazione, non si riesce a ravvisare alcun altro reato (cosa pericolosissima perché la Cassazione ben di rado, in materia di armi, è disposta ad accettare l’idea che un cittadino possa essere innocente e così compie vere e proprie acrobazie per affermare che invece un qualche reato c’è; se ragionasse alla stessa maniera con gli albanesi, in Italia non ve ne sarebbero più!). Non certo la detenzione di parte clandestina perché la legge limita la nozione di parte clandestina alle sole canne prive di matricola e solo per esse prevede una sanzione penale.
Si consideri inoltre che un caricatore non reca né marchi né matricola, così che, salvo rari casi di caricatori di forma specialissima, non vi è nessuna prova certa che un caricatore sia destinato ad una specifica arma. È quindi spesso impossibile affermare con certezza che un dato caricatore appartiene ad un’arma di un certo modello; in teoria potrebbe anche appartenere ad un’arma anteriore alla catalogazione o potrebbe essere un esperimento di caricatore non riferibile ad alcuna arma in concreto o riferibile a più armi analoghe.
Qualcuno ha ipotizzato che ci si troverebbe di fronte ad una parte di arma non catalogata. Ma si ricade nell’ipotesi già vista dell’arma clandestina: nessuna norma punisce la detenzione di parte di arma non catalogata, salvo la canna. E se la canna è di calibro minore a quello catalogato (e reca la matricola), non vi è neppure alterazione di arma in quanto non si aumentano né la potenzialità né le dimensioni.
Vediamo ora il caso sub 3). Le ipotesi che si possono fare sono due: che il caricatore maggiorato sia lo stesso usato nell’arma militare, oppure che sia maggiorato ma diverso, per numero di colpi o struttura, da quello in dotazione all’ arma da guerra.
Se è lo stesso impiegato dall’arma da guerra, non vi è dubbio che esso rientri nel materiale di armamento; però allora è necessario fare riferimento alla L. 185/1960 e al delegato DM 13 giugno 2003 il quale espressamente dice che i serbatoi per arma da guerra sono accessori e non componenti dell’arma (Cat. I, lett. d); e se non sono parte di un’arma da guerra, logica vuole che non siano nemmeno parte di un’arma comune!
Se esso è detenuto senza l’arma pertinente, si dovrà anche dimostrare che esso è sicuramente ed esclusivamente pertinente ad un’arma da guerra, non potendosi escludere che il caricatore possa appartenere ad altra arma ed essere del tutto in regola (stesse argomentazioni già fatte per le armi di cui al punto 1). Purtroppo i periti si intendono ben poco di armi da guerra, di solito non ne hanno mai presa in mano una, e le perizie in materia le fanno sulle foto dei libri, con risultati drammatici. Basti vedere che cosa è successo di recente (giugno 2007) quando i “periti balistici” dell’arsenale di Terni hanno voluto riesaminare il caso Kennedy ed hanno fatto ridere il mondo con i loro improvvisati esperimenti.
Se il caricatore non è identico a quello dell’arma da guerra, si apre una serie di interrogativi di incerta risposta.
Primo fra tutti, da dove deriva il potere della Commissione per le armi di stabilire di quanto colpi l’arma civilizzata deve differire dall’arma da guerra da cui deriva? Di certo può stabilire (ma non necessariamente) che essa deve avere un diverso caricatore, ma di fronte, ad esempio, ad un fucile di derivazione militare, il quale non è più automatico, ma semiautomatico, il quale spara una cartuccia civile, che senso ha che la Commissione, a seconda del relatore a cui capita la pratica o a seconda delle simpatie e raccomandazioni del richiedente, decida, di volta in volta, che deve avere un caricatore da 5 colpi piuttosto che da 10 o da 20? Sono valutazioni idiote di inesperti i quali non si rendono conto che se uno vuol abusare dell’arma è meglio avere con sé due caricatori da 10 colpi, ben occultabili, piuttosto che un unico intralciante caricatore da 20 colpi.
Secondo: se il caricatore è diverso da quello da guerra, può esso diventare da guerra solo perché è diverso da quello che la Commissione ha indicato nel provvedimento di catalogazione? Riduciamo il problema ad absurdum, come facevano i logici del medioevo: forse che sarebbe da guerra un caricatore di un metro di lunghezza applicato ad una carabina semiautomatica AR 15 in calibro 22 lungo? Ovviamente no; sarebbe solo un inutile oggetto strambo e si ricadrebbe quindi nell’ipotesi già vista al punto 1), e cioè che non vi è alcun reato, salvo si possa configurare una alterazione di arma.
Problema subordinato è poi quello se cambia la natura dell’arma quando su di esso viene montato un caricatore diverso da quello catalogato.
Il dubbio si pone solo per i fucili, poiché non possono esistere pistole la cui natura (comune o da guerra) varii solo in relazione al numero dei colpi (in realtà le pistole non sono mai da guerra, ma questo è altro discorso). Siccome fucili da guerra sono solo quelli automatici è chiaro che il fatto di montare sulla versione civilizzata un caricatore originale o maggiorato rispetto all’originale, non può far diventare da guerra il fucile perché l'arma rimane sempre semiautomatica, con lo stesso calibro e le stesse dimensioni, e le armi semiauto non possono essere mai né da guerra: il caricatore da guerra non rende l'arma né dotata di spiccata potenzialità offensiva, né è in grado di realizzare caratteristiche balistiche o di impiego comuni con le armi da guerra (art.1/2°c. ult. parte, L. 110) perché l'arma rimane nella sua struttura sempre comune. Al massimo si può ipotizzare che essa diventi tipo guerra per il fatto che viene meno il requisito del “limitato volume di fuoco” (art. 2, secondo comma L. 110/1975). Ma qui ritorniamo da capo: il pensare che in un’arma semiautomatica cambi il volume di fuoco a seconda che io abbia due caricatori da 5 colpi o un caricatore solo da 10 colpi è pura sega mentale dei burocrati e periti della Commissione i quali, sotto questo aspetto, hanno senz’altro un “alto volume di sparo” (non “di fuoco” perché purtroppo manca la necessaria scintilla; di intelligenza!).