Calico ha scritto:Parlando realisticamente, ritengo estremamente incivile che i regolamenti carcerari non possano imporre attività economicamente significative all'interno della struttura, per contribuire al mantenimento, sottraendosi alle quali possa essere negata l'autorizzazione ad attività ludiche o permessi premio. Ad esempio, se cucini per una cena con ospiti della direzione, poi ti autorizzo a partecipare a uno spettacolo teatrale svolto all'esterno, con la filodrammatica carceraria. Oppure andare a lavorare nei servizi ecologici del comune e destinare metà stipendio per risarcire la società del tuo reato. Considerare queste cose come "violazioni della carta dei diritti dell'uomo" mi fa gridare al giurista idiota. Ma il sospetto é che siano solo in malafede e sotto il ricatto della criminalità e le osservazioni del ministro Carfagna mi confortano in quest'idea.
Non sono i regolamenti carcerari, ma la costituzione: il lavoro è un diritto e non un obbligo, per cui non puoi imporlo (salvo modifica costituzionale).
Se un detenuto vuole lavorare, viene a suo vantaggio, perchè in pratica riduce di un terzo la pena e si ritrova con denaro e contributi versati (ogni giorno di lavoro sconta 1 giorno e mezzo di pena). Ma in tanti non vogliono farlo, appunto perchè lavorando rischiano il pignoramento delle retribuzioni (loro lavora, e alla fine, non hanno nulla, perchè viene devoluto al risarcimento danni... e magari preferiscono farsi alcuni anni in più - in attesa di un indulto- piuttosto che tirare fuori una lira).
Negli USA, dove sono molto attenti alle tasse (ho avuto per le mani la settimana scorsa la dichiarazione dei redditi di un americano in originale... circa il 3% di tasse federali, su 25.000 dollari, ne pagava circa 600 di tasse

), il lavoro serve per pagare il "soggiorno" in carcere e come "plus" di pena: carcere normale, carcere duro, lavori forzati, etc